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Channel: I testi della tradizione di Filastrocche.it
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Anno Piccino

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Anno Piccino

L’anno che viene dalle stelle pie,
Gesù Bambino, prendilo per mano;
è ancor piccino, segnalagli le vie,
le buone strade di ogni cuore umano.

Anno Piccino

È tanto piccolino e non sa nulla…
non sa che al bimbo che riposa in culla,
non bisogna strappare la mammina,
non sa che basta una voce piccina…

Anno Piccino

per far felice un cuore puro e bello,
non sa che ci vuol acqua nel ruscello,
non sa che ci vuol pane pei bambini,
che un nido tocca a tutti gli uccellini.

Anno Piccino

Non sa che a tutto basta un po’ d’amore:
Tu amore e pace donagli, o Signore,
per noi, per tutti, e digli piano, piano
di tenere ben stretta la Tua mano!

Anno Piccino

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L’aeroplano di Capodanno (Gianni Rodari)

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aereo

Comandante, un aeroplano sconosciuto chiede di atterrare. Un aeroplano sconosciuto? E come è arrivato fin qui?
Non so, comandante.Noi non abbiamo avuto alcuna comunicazione.
Dice che sta per finire il carburante e che atterrerà anche se non glielo permettiamo.
Uno strano personaggio, comandante.
Strano?
Un po’pazzo, direi. Un momento fa lo sentivo ridacchiare nella radio: « Tanto, nessuno mi può fermare… ».

Ad ogni modo facciamolo scendere, prima che combini qualche guaio.

L’apparecchio atterrò sul piccolo campo d’aviazione, alla periferia della capitale, alle ventitré e ventisette precise. Mancavano trentatré minuti alla mezzanotte.
Già, ma non a una mezzanotte qualunque, bensi alla mezzanotte più importante dell’anno.
Era la sera del 31 dicembre e in tutto il mondo milioni di persone vegliavano in attesa dell’anno nuovo.
L’aviatore sconosciuto balzò a terra agilmente e subito cominciò a dare ordini: Scaricate i miei bauli. Sono dodici, fate attenzione.
Mi occorreranno tre tassi per trasportarli.
Qualcuno può fare una telefonata per me?
Forse si e forse no – rispose per tutti il comandante del campo. – Prima si dovranno chiarire alcune cosette, non le pare?

Non ne vedo la necessità – disse l’aviatore, sorridendo. lo però la vedo – ribatté il comandante.
La prego, intanto, di mostrarmi i suoi documenti personali e le carte di bordo.
Mi dispiace ma non farò niente del genere.
Il suo tono era cosi deciso che il comandante fu li li per perdere la calma.
Come vuole – disse poi, – ma intanto abbia la cortesia di seguirmi.
L’aviatore si inchinò. Al comandante parve che l’inchino fosse piuttosto esagerato. «Che voglia prendermi in giro? » pensò. «Ad ogni buon conto, dal mio aeroporto non uscirà con quelle arie da padrone
del vapor ».

Guardi – diceva intanto il misterioso viaggiatore – che sono atteso. Molto, molto atteso.
Per la festa di mezzanotte, immagino?
Appunto, comandante carissimo.
lo invece, come vede, sono di servizio e passerò la notte di Capodanno all’aeroporto. Se lei insisterà a non volermi mostrare i documenti, mi terra compagnia.
Lo sconosciuto (erano intanto entrati insieme in una saletta del campo) si accomodò in una poltrona, si accese la pipa e rivolgeva intorno occhiate curiose e divertite. I miei, documenti? Ma lei ne è già in possesso, comandante.
Davvero? Me li ha infilati in tasca con un giochetto di prestigio?
E adesso mi cavera un uovo dal naso e un orologio da un orecchio?

Per tutta risposta lo sconosciuto indicò il calendario dell’anno nuovo, che pendeva dalla parete dietro una scrivania, aperto alla prima pagina.
Ecco i miei documenti, prego. Sono il Tempo.

Nei miei dodici bauli ci sono i dodici mesi che dovrebbero avere inizio tra… vediamo un po’… tra venti nove minuti precisi.
Il comandante non si scompose.

Se lei è il Tempo – disse – io sono un aviogetto. Vedo che le va di scherzare. Benissimo, mi terrà allegro.

Le dispiace se accendo il televisore? Non vorrei perdermi l’annuncio della mezzanotte.
Accenda, accenda. Ma non ci sarà nessun annuncio, fin che lei mi trattiene.
Sul teleschermo era in corso uno spettacolo di canzoni e arte varia.
Di quando in quando una graziosa presentatrice consultava un grande orologio appeso dietro l’orchestra, proprio sulla testa del batterista, e annunciava: – Mancano venticinque minuti all’anno nuovo… Mancano ventidue minuti..
L’aviatore sconosciuto pareva divertirsi un mondo allo spettacolo. Canterellava, batteva il piede a tempo con l’orchestra, rideva di cuore alle battute dei comici…
Un minuto a mezzanotte – sorrise il comandante, – mi dispiace di non poterle offrire lo spumante.
In servizio io non bevo mai.
Grazie, ma lo spumante non serve.
Da questo momento il tempo cesserà di scorrere. Dia un’occhiata al suo orologio.

Il comandante obbedi meccanicamente. Guardò il quadrante, si accostò il polso all’orecchio. « Strano », pensò, « l’orologio cammina, ma la sfera dei secondi si è guastata e non gira piu ».
Egli cominciò mentalmente a contare i secondi.
Ne contò sessanta, poi tornò a guardare l’orologio: le sfere erano sempre ferme sulla mezzanotte meno un minuto. Anche sul grande orologio del teleschermo le sfere erano immobili.
L’annunciatrice, con un sorriso un po’ imbarazzato, stava dicendo: Sembra che ci sia un piccolo guasto…
Musicisti, cantanti, comici, spettatori, come per un segnale, cominciarono a scrutare i loro orologi, a scuoterli, ad accostarseli all’orecchio, con aria sorpresa. In breve tutti si convinsero che le sfere non si muovevano piu.

Il tempo si è fermato – gridò qualcuno, scherzando. – Forse ha bevuto troppo spumante e si è addormentato prima della mezzanotte.

Il comandante dell’aeroporto gettò uno sguardo allarmato sullo strano forestiero, il quale, dal canto suo, gli sorrise educatamente.
Ha visto? Colpa sua. Come sarebbe… colpa mia… – balbettò il comandante.
Non è ancora convinto che io sia il Tempo? Guardi quella rosa (ce n’era una, sulla scrivania, freschissima: al comandante piaceva tenere qualche fiore in ufficio). Vuoi vedere che cosa le succede, se la tocco?

Lo sconosciuto si avvicinò alla scrivania, soffiò delicatamente sulla rosa: i petali caddero tutti insieme, avvizziti, secchi, si sbriciolarono, non furono più che un mucchietto di polvere… Il comandante balzò in piedi e si attaccò al telefono… Pochi minuti dopo la telefonata del comandante al ministro, gia tutti sapevano, in America come a Singapore, in Tanzania come a Novosibirsk, che il Tempo era stato fermato in un piccolo aeroporto, perché privo di documenti. Milioni di persone che aspettavano la mezzanotte per stappare lo spumante ruppero il collo alle bottiglie, per far prima, e si scambiarono brindisi entusiastici.

Cortei festosi percorrevano le strade di Milano, Parigi, Ginevra, Varsavia, Londra, Eccetera: scrivendo Eccetera con la maiuscola vogliamo indicare tutte le cltta che non ci sarebbe possibile nominare una per una. Evviva! – gridava la gente, in tutte le lingue.

Il tempo si è fermato! Non invecchieremo più! Non moriremo più!
Il comandante dell’aeroporto passava il tempo al telefono. Lo chiamavano da ogni parte del mondo per dirgli: Lo tenga stretto! Gli metta le manette! Gli tiri il collo! Gli metta un sonnifero nel bicchiere! Macché sonnifero: veleno per i topi, ci deve mettere!
Il ministro aveva avvertito i suoi colleghi. Una riunione del Consiglio dei ministri era in corso. L’ordine del giorno: «Misure da prendere. Bisogna tramutare il fermo del Tempo in arresto o liberarlo? ». Il ministro dell’Interno tuonava: – Liberarlo? Mai non sia! Se cominciamo a lasciar andare in giro la gente senza documenti, siamo fritti in padella. Questo signore ci deve dire nome, cognome, paternità, luogo di nascita, domicilio, residenza, cittadinanza, nazionalità, numero del passaporto, numero delle scarpe, numero del cappello; ci deve mostrare il certificato di vaccinazione, quello di buona condotta, il diploma di quinta elementare, la ricevuta delle tasse.

E poi, ha ben dodici bauli: ha pagato dogana?
Si rifiuta di aprirli: e se ci avesse dentro delle bombe?

Il ministro aveva settantadue anni: capirete che aveva ogni interesse a tener fermo l’orologio…
I ministri decisero di chiedere il parere delle Nazioni Unite.
Alle Nazioni Unite, a quell’ora, c’era soltanto il portiere: tutti i delegati erano in giro a far festa.

Quanto ci vorrà per riunire l’assemblea? Una quindicina di giorni. Però, se il tempo non passa, non passano neanche i quindici giorni e l’assemblea non si può riunire. Anche questa notizia fece il giro del mondo, contribuendo ad accrescere l’allegria generale.

Dopo un po’…

Ecco, veramente questa frase non si potrebbe scrivere: se il tempo era fermo, la parola « dopo » non aveva più senso. Diciamo che un bambino, svegliato dal fracasso e messo al corrente dell’accaduto, sommò due più due e cominciò a protestare: – Cosa? Sarà sempre adesso? Allora io non diventerò più grande? Devo prendere per tutta la vita gli scapaccioni del babbo? Devo continuare a risolvere problemi di pizzicagnoli che comprano l’olio e si fanno calcolare dai bambini delle scuole la spesa e il ricavo? Ah, no, grazie tante! lo non accetto.

Anche lui si attaccò al telefono, per dare l’allarme ai suoi amici. I bambini non vollero sentir parole. Si infilarono il cappotto sul pigiama e scesero anche loro per le strade a fare il corteo. Ma le loro grida e i loro cartelli erano ben diversi da quelli degli altri cortei: Liberate il Tempo! – dicevano. Non vogliamo restare sempre dei marmocchi! Vogliamo crescere! . lo voglio diventare ingegnere! lo voglio che venga l’estate per andare al mare!
Incoscienti – commentava un passante, in un momento storico come questo pensano ai bagni di mare.
Però – rifletté un altro passante, – su un punto almeno hanno ragione: se il tempo non passa più, sarà sempre il trentun dicembre… Sarà sempre inverno…Sarà sempre mezzanotte meno un minuto! Non vedremo più spuntare il sole!
Mio marito è in viaggio – sospirò una signora, – come farà a torna e a casa, se il tempo non passa?
Un malato nel suo letto si lamentava: – Ahi, ahi! doveva fermar  il tempo proprio mentre avevo il mal di testa?..
Un carcerato, aggrappato alle sbarre della sua prigione, si domandava accorato: – Non riavrò mai più la mia liberta?
I contadini borbottavano: – Qua, col raccolto, si mette male… Se non passa il tempo, se non torna la primavera, gelerà tutto… Non avremo niente da mangiare. Insomma, il comandante dell’aeroporto cominciò a ricevere telefonate allarmate: Be’, lo lasciate andare, si o no? lo aspetto un vaglia, me lo manda lei, se il tempo non può passare? Comandante, per favore, liberi il Tempo: abbiamo un rubinetto che perde, e se non viene domattina non possiamo chiamare l’idraulico.
Il Tempo, allungato nella sua poltrona, continuava a fumare la sua pipa, sorridendo.

Cosa devo fare? – protestava il comandante.
Uno la vuole bianca, l’altro la vuole nera… lo me ne lavo le mani. lo la lascio andar via… Bravo, grazie.

Ma cosi… senza ordini superiori… Capisce che ci rimetto il posto? E allora mi tenga qui. lo ci sto benissimo.
Un’altra telefonata: È scoppiato un incendio! Se non passa il tempo non arrivano i pompieri! Brucerà tutto! Bruceremo tutti! Abbiamo in casa vecchi e bambini… Non può far niente, comandante?
Il comandante, a questo punto, picchiò un pugno sulla scrivania.

Bene, succeda quel che vuoI succedere. Mi prenderò questa responsabilità. Se ne vada, lei è libero.

Il Tempo balzò in piedi: – Permetta che le stringa la mano, comandante. Conoscerla è stato un vero piacere.
Il comandante gli aperse la porta: -Se ne vada, presto, prima che io cambi idea! Il Tempo usci dalla porta.

Le sfere degli orologi ricominciarono a muoversi. Sessanta secondi più tardi scoccò la mezzanotte, scoppiarono i fuochi artificiali. Il nuovo anno era cominciato.

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Incamminarci

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IncamminarciAl giro di boa ancora fiammeggiano le querce,
celebriamo il passaggio dell’anno, del fuoco
quello appena nato non può temere il gelo
tutte le foglie lo trattengono nel calore
fin che possa liberare le ali piumate
ruotare sopra di noi che dormiamo, incamminarci.

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Prontuario per il brindisi di Capodanno

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Prontuario per il brindisi di CapodannoBevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,

a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,

a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.

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Capo d’Anno

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Capo d'AnnoAggiorna sul nevaio.
Ad altro dosso di monte
un ignoto paese
mormorando mi va primavera
dalle sue rosse fontane,
da rivi scaturiti a giorno chiaro;
dove uscirono donne sulla neve
e ora cantano al sole.

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La Befana

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La BefanaViene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa?
Uno stropiccìo leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda…tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
guarda e guarda…ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini.
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda… tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila…
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sull’aspro monte.

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Che sia un buon inizio

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Che sia un buon inizioAll’inizio del nuovo anno
prego il Signore
di concedere la pace, la concordia,
la tranquillità nell’ordine
e nel rispetto dei diritti
di ogni persona umana,
senza cui il mondo
non può avanzare
verso traguardi
di progresso e di civiltà

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La lettera dei Re Magi per Giovanni Emanuele

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La lettera dei Re Magi per Giovanni Emanuele
In alcuni Paesi del mondo, come per esempio la Spagna, il 6 gennaio non arriva la Befana ma i Re Magi, sono loro che portano i regali a tutti i bambini!!

E a cavalcioni di uno di quei cammelli arriva anche la storia di Giovanni Emanuele.

Un giorno Giovanni Emanuele, un bambino madrilèno, disse a sua madre:
“Mamma, mamma, i miei compagni di scuola mi hanno detto che i Re Magi sono i genitori! E’ vero?”. La madre di Giovanni Emanuele sorrise, lo baciò e disse: “Guarda Giovanni Emanuele, ti faccio vedere una cosa che ho custodito per te gelosamente in questo cassetto per sette anni”. Tirò fuori dal cassetto una busta bianca, la aprì e sorrise: “Ho ricevuto questa lettera a casa il giorno che sei nato, è stata scritta dai Re Magi che hanno chiesto a me e a papà tre favori. Vuoi che te la legga?”. “Sì, mamma per favore!”.

Allora la mamma si sedette sul divano vicino al grande camino ed iniziò a leggere: “Carissimi papà e mamma, sappiamo che è appena nato Giovanni Emanuele. E’ un bambino bellissimo e buono che vi ha fatto molto felici. Sapete che ogni anno, il 6 gennaio, andiamo in silenzio a casa di tutti i bambini del mondo e lasciamo loro dei regalini per festeggiare la nascita di Gesù Bambino. In questo modo vogliamo ricordare a tutti i piccoli della Terra quanto siamo orgogliosi di loro! Sono loro il nostro futuro! Però adesso, non possiamo più farlo perché siamo diventati molto vecchi ed ogni anno nascono sempre più bambini. Non riusciamo più andare a casa di tutti. Io, Melchiorre, proprio ieri sono caduto dal cammello e mi sono rotto un braccio, Gaspare è ormai molto lento, perché cammina solo con il bastone e Baldassarre si ricorda più nulla, anche dove ha messo la lista dei regali! E’ diventato impossibile accontentare tutti i bambini.

Vi chiediamo allora tre favori:
Primo: Aiutateci a portare i regali ai bambini, ogni padre e ogni madre farà il nostro lavoro così, il giorno dei Re Magi, leggerete le letterine dei vostri figli e con la stessa gioia nostra porterete loro i regali, così tutti i bambini saranno accontentati e noi potremo finalmente riposare e vedere da lontano i loro visini felici!
Secondo: questo è un gran segreto, non lo potete dire a Giovanni Emanuele prima dei suoi sette anni. Poi noi sappiamo che lui saprà custodirlo: i bambini più piccoli non devono sapere che noi non possiamo più portare loro i regali. Ci rimarrebbero troppo male! Questa cosa va detta solo ai bambini più grandi e responsabili!
Terzo: Questo è il favore più importante: alcuni genitori sono malati o sono molto poveri e non possono comprare i regali per i loro figli. Poi, ci sono anche i bambini orfani, che non hanno più i genitori ed allora vorremmo che i vostri figli ogni 6 gennaio diventassero dei piccoli Re Magi per loro e per quel giorno compartissero alcuni regali con questi piccoli meno fortunati.
Ecco, questo è tutto. Quando Giovanni Emanuele vi chiederà per la prima volta “Chi sono i Re Magi?” Leggetegli questa lettera perché possa capire fino in fondo quanto i genitori di tutta la Terra amino i loro figli e ci abbiano aiutato nel nostro lavoro!

Un abbraccio
Melchiorre, Gaspare e Baldassarre

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La stella

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La stellaPerdettero la stella un giorno.
Come si fa a perdere
la stella? Per averla troppo a lungo fissata…
I due re bianchi,
ch’erano due sapienti di Caldea,
tracciarono al suolo dei cerchi, col bastone.

Si misero a calcolare, si grattarono il mento…
Ma la stella era svanita come svanisce un’idea,
e quegli uomini, la cui anima
aveva sete d’essere guidata,
piansero innalzando le tende di cotone.

Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
si disse: “Pensiamo alla sete che non è la nostra.
Bisogna dar da bere, lo stesso, agli animali”

E mentre sosteneva il suo secchio per l’ansa,
nello specchio di cielo
in cui bevevano i cammelli
egli vide la stella d’oro che danzava in silenzio.

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I Tre Santi Magi

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I Tre Santi Magi I tre santi Re Magi dall’Oriente
Chiedono in ogni piccola città:
“Cari ragazzi e giovinette, dite,
la strada per Betlemme è per di qua? ”

Ma i giovani ed i vecchi non lo sanno
E i tre Re Magi sempre avanti vanno;
ma una cometa d’oro li conduce
che lassù chiara e amabile riluce.

La stella sulla casa di Giuseppe
Ecco s’arresta: là devono entrare.
Il bovetto muggisce, il bimbo strilla,
e i tre Re Magi prendono a cantare.

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La Befana

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Befana

Passa il tempo e vien la notte,
lei ha scarpe vecchie e brutte,
un mantello sporco e duro
su un vestito molto scuro.

Tiene in testa un cappellone
tutto nero di carbone.
In faccia porta un naso strano,
sembra il becco di un Tucano.

Taglia e spalma tutti insieme
come fosse pane e miele
i pensieri dei bambini
fatti buoni o birichini,

per decider cosa fare
delle calze da riempire.
Carbone o caramelle? son per loro
le novelle del mattino ritrovate.
Sembran sacchi di patate.

Poi scompare con l’inverno
a lasciarci festeggiare,
la dolcezza in quel cesto
riversate dal calzino
Mio tesoro di bambino.

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Nuovo anno

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Nuovo annoCosa posso dirvi per aiutarvi
a vivere meglio in questo anno?
Sorridetevi
gli uni gli altri;
sorridete a vostra moglie,
a vostro marito,
ai vostri figli,
alle persone con le quali lavorate,
a chi vi comanda;
sorridetevi a vicenda;
questo vi aiuterà a crescere nell’amore ,
perché il sorriso è il frutto dell’amore”.

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Epifania

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EpifaniaNon ho come i magi
che sono dipinti sulle immagini
dell’oro da recarti.

Dammi la tua povertà.

Non ho neppure, Signore,
la mirra dal buon profumo
né l’incenso in tuo onore.

Figlio mio, dammi il tuo cuore.

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Era sempre lei

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Era sempre leiNonna, ai tuoi tempi c’era la Befana?
E la nonna sorride e dice: “Sì
Se mi ricordo! L’alba era lontana,
era ancor notte, non spuntava il dì:
ma presto andavo accanto al focolare
dov’era la mia calza ad aspettare…”

Mamma, ai tuoi tempi la Befana c’era?
E la mamma sorride e dice: “Si.
Era d’inverno, ma come primavera
mi pareva che fosse quel bel dì…
Mi alzavo quasi all’alba, in tutta fretta
e correva a cercar la mia scarpetta…”

E passa il tempo, il mondo avanti va:
e la Befana antica è ancora qui;
per i monti valli e isole e città
ritorna come un tempo, in questo dì;
è sempre lei, non può mutare più
perché c’è sempre al mondo gioventù.

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Epifania

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EpifaniaEran partiti da terre lontane:
in carovane di quanti e da dove?
Sempre difficile il punto d’avvio,
contare il numero è sempre impossibile.

Lasciano case e beni e certezze,
gente mai sazia dei loro possessi,
gente più grande, delusa, inquieta:
dalla Scrittura chiamati sapienti!

Le notti che hanno vegliato da soli,
scrutando il corso del tempo insondabile,
seguendo astri, fissando gli abissi
fino a bruciarsi gli occhi del cuore!

Naufraghi sempre in questo infinito,
eppure sempre a tentare, a chiedere,
dietro la stella che appare e dispare,
lungo un cammino che è sempre imprevisto.

Magi, voi siete i santi più nostri,
i pellegrini del cielo, gli eletti,
l’anima eterna dell’uomo che cerca,
cui solo Iddio è luce e mistero.

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Regali di compleanno

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Regali di compleanno– Andrea, cosa regalerai a tuo fratello per il suo compleanno?
– Boh, non so, lo scorso anno gli ho regalato la varicella!

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L’anno

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stagioni_annoGira attorno al sole il mondo,
va la terra attorno al sole:
l’anno è un lungo tempo tondo,
lo chiamiamo con parole.

Quando spuntan foglie e fiori
Primavera lo si dice;
quando i frutti son maturi
è l’Estate, e siam felici;

quando cadono le foglie
tutti Autunno lo chiamiamo,
finché il gelo non si scioglie
nell’Inverno ci troviamo.

Queste sono le stagioni
e tre mesi ha ciascheduna:
sono tutti mesi buoni
per giocare la fortuna.

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Il rospo e la rana

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rospo

La rana avrà tre figlie tutte être da marità
La rana avrà tre figlie tutte être da marità

Il rospo ne vô  una n un sapenno cosa fà
Il rospo ne vô  una n un sapenno cosa fà

Andò dalla più grande: era rossa come un fior
Andò dalla più grande: era rossa come un fior

Il rospo sa ritira non sapenno cosa fa
Il rospo sa ritira non sapenno cosa fa

Andò dalla seconda era gialla come il limon
Andò dalla seconda era gialla come il limon

Il rospo s’aritira non sapenno cosa fa
Il rospo s’aritira non sapenno cosa fa

Andò dalla più piccola era nera come il Carbon
Andò dalla più piccola era nera come il Carbon

Il rospo se la prende e la porta via con sé
Il rospo se la prende e la porta via con sé

Oh rospo ho tanta fame che mi dai da mangiar?
Oh rospo ho tanta fame che mi dai da mangiar?

Pane e acqua in quantità
Pane e acqua in quantità

Oh rospo sono stanca non voglio camminà
Oh rospo sono stanca non voglio camminà

Ma il mio castello è in Francia proprio dietro a quel caffè
Ma il mio castello è in Francia proprio dietro a quel caffè

Oh rospo me ne vado non voglio stare più con te
Oh rospo me ne vado non voglio stare più con te

Il rospo sa ritira non sapenno cosa fa
Il rospo sa ritira non sapenno cosa fa

Dentro al pozzo se va a buttà!

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Il gatto

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Il gattoIo mi auguro di avere in casa mia:
una donna provvista di prudenza,
un gatto a passeggio tra i libri,
e in tutte le stagioni amici
di cui non posso far senza.

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Dopo Natale

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Dopo NataleSpente le luminarie,
l’ultima che risplende
a fianco dello scivolo,
bassa sul mare

sei cresciuto Jacopo
dall’altr’anno,
ma i giochi e lo sguardo
sono gli stessi,
figlio, il tempo non ti riguarda
il cerchio delle luci
le feste ora passate
la luna di gennaio
ch’esce più tardi

delle tronche parole
senza storia,
della corsa priva di compagni
solo ti ricompensa il tempo
fatto eterno

per noi si spengono le luci
dopo le feste,
come la neve bianca
grigia si scioglie
sull’asfalto.

 

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