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Lo steddazzu

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Lo steddazzu

Leggiamo insieme: Lo steddazzu di Cesare Pavese

L’uomo solo si leva che il mare e ancor buio
e le stelle vacillano. Un tepore di fiato
sale su dalla riva, dov’è il letto del mare,
e addolcisce il respiro. Quest’è l’ora in cui nulla
può accadere. Perfino la pipa tra i denti
pende spenta. Notturno è il sommesso sciacquio.
L’uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami
e lo guarda arrossare il terreno. Anche il mare
tra non molto sarà come il fuoco, avvampante.
Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno
in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara
che l’inutilità. Pende stanca nel cielo
una stella verdognola, sorpresa dall’alba.
Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco
a cui l’uomo, per fare qualcosa, si scalda;
vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne
dov’è un letto di neve. La lentezza dell’ora
e spietata, per chi non aspetta più nulla.
Val la pena che il sole si levi dal mare
e la lunga giornata cominci? Domani
tornerà l’alba tiepida con la diafana luce
e sarà come ieri e mai nulla accadrà.
L’uomo solo vorrebbe soltanto dormire.
Quando l’ultima stella si spegne nel cielo,
l’uomo adagio prepara la pipa e l’accende.

 

Lo steddazzu è la stella di Venere, che brilla in cielo poco prima dell’alba

 

Illustrazione di Cecilia Mistrali per Filastrocche.it

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Il bambino di gomma

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bambino di gomma

Leggiamo insieme: Il bambino di gomma di Alfonso Gatto

Melampo era un bambino
di gomma e cancellava
i passi che segnava
mettendosi in cammino.

Era di gomma rossa,
tondo come una palla,
e stava sempre a galla
nel bagno, e senza ossa

dolce, tenero, buono,
scendeva dalle scale
senza mai farsi male
saltando dal balcone.

A scuola era bocciato,
sempre il quaderno bianco!
Eppure era il più franco
a scrivere il dettato.

Scriveva e poi cassava
con la mano di gomma,
i numeri, la somma,
le lettere, e tornava

a scrivere, a cassare.
E sempre zitto rosso
con tutti gli occhi addosso
senza poter parlare.

O povero Melampo!
Un giorno, detto fatto,
saltò su di scatto
e si bucò la pancia.

Fischiò come un pallone
sgonfiato d’ogni affanno
e visse senza danno
tappando col bottone
il buco della pancia.

Visse nel tempo antico
Melampo – ve l’ho detto? –
fischiò col suo fischietto
premendosi a soffietto
il disco all’ombelico.

 

 

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Cordova

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Cordova

Leggiamo insieme: Cordova di Federico Garcia Lorca

Cordova.
Lontana e sola.

Cavallina nera, grande luna,
e olive nella mia bisaccia.
Pur conoscendo le strade
mai più arriverò a Cordova.

Nel piano, nel vento
cavallina nera, luna rossa.
La morte mi sta guardando
dalle torri di Cordova.

Ahi, che strada lunga!
Ahi, la mia brava cavalla!
Ahi, che la morte mi attende
prima di giungere a Cordova!

Cordova,
lontana e sola.

 

Per leggere la versione originale in spagnolo di Cordova, clicca qui: Cordoba

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Córdoba

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Córdoba

Córdoba.
Lejana y sola.

Jaca negra, luna grande,
y aceitunas en mi alforja.
Aunque sepa los caminos
yo nunca llegaré a Córdoba.

Por el llano, por el viento,
jaca negra, luna roja.
La muerte me está mirando
desde las torres de Córdoba.

¡Ay qué camino tan largo!
¡Ay mi jaca valerosa!
¡Ay que la muerte me espera,
antes de llegar a Córdoba!

Córdoba.
Lejana y sola.

 

Para descargar la versión Italiana de Cordoba, por favor pulse aquí: Cordova

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Figlio mio

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Figlio mio

Leggiamo insieme: Figlio mio di Lina Schwarz

Figlio mio, figlio mio,
te ne vai dal suol natio.
Suona triste la campana,
la tua nave è già lontana,
che ti porta via da me.

Dolce figlio, dolce figlio,
Dio ti salvi dal periglio!
Anche in mezzo alla procella
splenda sempre la tua stella,
la tua mamma pensa a te.

Verrà il giorno, verrà il giorno
che tu qui farai ritorno.
Ah, quel giorno il sol nel mare
non vorrà più tramontare,
e noi due saprem perchè.

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Sapere aude

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Sapere audeNon ha colonne d’Ercole il pensiero.
La tua anima piccola,
diabolica pigrizia, se le crea.
Né Ulisse né Colombo sospettavano
le mille e mille isole in attesa.
Te aspettano interi continenti.
Dormono dentro il tuo cervello: osa!
Il mondo è da creare.

 

 

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Filastrocca del bravo alunno

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Filastrocca del bravo alunnoFilastrocca del bravo alunno,
inizia il lavoro con l’autunno,
riceve in cambio un bene raro
più prezioso di tutto il denaro.
Non si tratta del voto migliore,
che dà alla testa, non al cuore.
Il vero bene è la conoscenza,
ma per averlo serve pazienza,
niente trucco, niente inganno,
solo impegno per tutto l’anno.

Testo di Giuseppe Bordi

 

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Le prime tristezze

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prime tristezze

Leggiamo insieme: Le prime tristezze di Marino Moretti

Ero un fanciullo, andavo a scuola: e un giorno
dissi a me stesso: “Non ci voglio andare”.
E non ci andai. Mi misi a passeggiare
tutto soletto, fino a mezzogiorno.

E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta, da quel triste giorno.
lo passeggiavo fino a mezzogiorno
e l’ore… l’ore non passavan mai!

Il rimorso tenea tutto il mio cuore
in quella triste libertà perduto;
e l’ansia mi prendea d’essere veduto
dal signor Monti, dal signor dottore!

Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all’appello (oh! il nome, il nome
mio nel silenzio!) e mi sentivo come
proteso nell’abisso dell’ignoto…

In fine io mi spingea fino ai giardini
od ai viali fuori di città;
e mi chiedevo: “Adesso chi sarà
interrogato, Poggi o Poggiolini?”.

E fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario… Carlo Magno…
Rosmunda…) ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano…

E, quante, quante volte domandai
l’ora a un passante frettoloso; ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!
Ma l’ore… l’ore non passavan mai!

 

 

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W la scuola!

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W la scuola!Ho comprato lo zainetto,
giallo, verde e un po’ violetto,
dentro ha già diario ed astuccio
colorato e assai caruccio.

Quanti avvisi scriverò!
Poche note prenderò
perché a me piace la scuola,
ci sto bene e il tempo vola.

 

 

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La semina del grano

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semina del grano

Leggiamo insieme: La semina del grano di Lina Schwarz

Passa l’aratro sul terreno molle
e segue il solco tra le brune zolle.
Apre le braccia la materna terra
e accoglie il seme biondo, piccoletto,
poi nel suo seno con amor lo serra;
tutto l’inverno se lo tiene stretto:
lo culla sotto il gelo, lieve lieve
nanna gli canta al suon della bufera,
lo copre col mantel bianco di neve.
E il seme dorme e sogna primavera;
sogna di germogliar nel pane mio.
Veglia sul grano seminato Iddio.

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L’ecologia dei miei sentimenti

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ecologia dei miei sentimenti

Leggiamo insieme: L’ecologia dei miei sentimenti di Enrica Tesio

Non so dove mettere i tanti rifiuti
I “NO” quelli secchi ne ho dati, ne ho avuti
Ma i “forse” a smaltirli si fa complicata
La falsa speranza: nell’indifferenziata.

Le bottiglie di rabbia, i flaconi di bile,
La faccia posticcia di chi è pavido e vile
Le rose di nylon che non fioriranno:
La plastica è il posto dove se ne vanno.

Li butto nel vetro i sogni che ho infranto?
I mille frammenti a seguire lo schianto
Oppure nell’umido, il buonsenso risponde
A infrangersi è il vetro, ma anche le onde.

E vanno in frantumi ad ogni scogliera
Li incolla la schiuma, il mare li avvera
Così si riformano i sogni ogni giorno
Un eterno riciclo, l’eterno ritorno.

Invece le lettere? Nella carta, mi pare
Io non ci credevo, ma l’amore va a male
Le ho scritte pensando non c’è una scadenza
Ho un plico di posta rimasto in giacenza

Il destinatario le rimanda al mittente
Se manca chi legge non servono a niente?
E invece le tengo, mi ci incarto il futuro
Il passato è passato e io non l’abiuro.

I giudizi pesanti nel mio armadio ammassati
Via nel cassonetto degli abiti usati
ci butto il maglione che avevi scordato
c’ho pulito anche il cesso, ma t’ho perdonato.

Rassetto le stanze di questa mia vita
Per qualcosa di nuovo, dell’aria pulita
E butto i rapporti scaduti e scadenti
È l’ecologia, dei miei sentimenti.

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Filastrocca delle maestre

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Filastrocca delle maestreMaestra, insegnami il fiore ed il frutto

– Col tempo, ti insegnerò tutto
Insegnami fino al profondo dei mari
– Ti insegno fin dove tu impari
Insegnami il cielo, più su che si può
– Ti insegno fin dove io so

E dove non sai? – Da lì andiamo insieme
Maestra e scolaro, un albero e un seme
Insegno ed imparo, insieme perché
Io insegno se imparo con te.

 

 

Filastrocche di Bruno Tognolini
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Angioletto del Signore

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Angioletto del Signore

Leggiamo insieme: Angioletto del Signore di Lea Maggiulli Bartorelli (Zietta Liù)

Angioletto del Signore,
io ti dico la preghiera.
Stammi accanto in tutte l’ore
ma di più quand’è la sera!
Angioletto del buon Dio
che discendi dalle stelle,
resta accanto al letto mio…
Con le mani pure e belle
in un gesto di bontà
manda via l’impertinenza
che i miei cari tristi fa.
Fammi ricco d’ubbidienza,
di dolcezza e di perdono.
Così che in un bel mattino
io mi svegli buono buono
come te, caro angolino!

 

Poesie di Lea Maggiulli Bartorelli
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Fede

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Fede

Leggiamo insieme: Fede di Lina Schwarz

Legato a un filo penzola un biscotto
che vien calando dall’ultimo piano.

Un bimbo aspetta, estatico, di sotto,
e già gli tende la bramosa mano.

Grida una voce: “Te lo mando io!…”.
Pensa il bimbo tra sé: “Che sia il buon Dio?…”.

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A tre anni

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A tre anni

Leggiamo insieme: A tre anni di Lina Schwarz

Il passato

Quand’ero piccolino
succhiavo il mio ditino:
adesso che son grande
non me lo succhio più.
Passava l’automobile
e io dicevo “Bobile”,
e per chiamare il cane
facevo “bu, bu, bu”.

 

Il presente

Son qui, zietta, dèsino
stasera qui con te…
Ah, non mi vuoi? no, credilo,
ci hai gusto più di me!
E adesso, presto, subito
fammi una poesia…
Qui dentro in testa trovala,
e che sia lunga, zia!

 

L’avvenire

E quando sarò grande anderò a scuola,
leggerò, scriverò, disegnerò;
allora intingerò la penna sola
nel calamaio, la matita no.
Sarò un cocchiere, e ti farò viaggiare
fino a Venezia dove c’è San Marco;
ai colombi daremo da mangiare,
e, nel tornar, traverseremo il Parco.

 

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Amateli gli alunni…

Ed è subito sera

Il Castagno e l’Abete

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Il Castagno e l'Abete

– Come è dolce d’autunno il solicello! –
disse il castagno ad un vicino abete.
– Per onorarlo rinnovo il mantello…
ma voi di quale triste razza siete!
Ad ogni tempo ti ho veduto nero.
Io dapprima ero verde nel turchino,
ed ora, guarda un po’, non son davvero
tutto vestito d’oro sopraffino? –

– Aspetta a giudicar qualche giornata,
mio bel signore – ribatté il compagno
– ogni cosa da Dio ci vien donata,
e delle cupe fronde io non mi lagno -.

Passan quei giorni. Il cielo poi s’oscura
di fredde nebbie e dalle cime scende
un vento irato che mette paura,
e che la selva a sconquassare prende.
Quando il sole tornò tutta la veste
del castagno dorato era dispersa,
mentre l’abete, re della foresta,
gl’intatti rami alzava all’aria tersa.

 

 

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Messaggio

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Messaggio

Leggiamo insieme: Messaggio di Lina Schwarz

Buon dì, letterina,
Ti mando a viaggiar
Alla cara nonnina
Un bacio a portar.

Sulla fida poltrona
Tu la trovi, lo so!
Dille pur che son buona
E capricci non fo.

Se per caso indovini
ch’è un po’ triste d’umor,
Di’ che i suoi nipotini
l’hanno sempre nel cor.

 

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Auguri a tutti i Nonni nel giorno della loro Festa!

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