Se si perdono i ragazzi più difficili
la scuola non è più scuola.
È un ospedale che cura i sani
e respinge i malati.
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Se si perdono i ragazzi più difficili
la scuola non è più scuola.
È un ospedale che cura i sani
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I migliori insegnanti
sono quelli che vi mostreranno
dove guardare,
ma non vi diranno cosa vedere.
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L’istruzione
è l’arma più potente
che puoi utilizzare
per cambiare il mondo.
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L'articolo L’arma più potente proviene da I testi della tradizione di Filastrocche.it.
Prendiamo in mano
i nostri libri
e le nostre penne.
Sono le nostre armi più potenti.
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Un buon insegnante
colpisce per l’eternità;
non si può mai dire
dove la sua influenza si ferma.
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L’ignoranza
è la notte della mente,
una notte senza luna e stelle.
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La cultura è ciò che rimane
quando si è dimenticato tutto.
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C’è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri, professori,
avvocati, muratori,
televisori, giornali,
cartelli stradali,
il sole, i temporali, le stelle.
Ci sono lezioni facili
e lezioni difficili,
brutte, belle e così così.
Ci si impara a parlare, a giocare,
a dormire, svegliarsi,
a voler bene e perfino
ad arrabbiarsi.
Ci sono esami tutti i momenti,
ma non ci sono ripetenti:
nessuno può fermarsi a dieci anni,
a quindici, a venti,
e riposare un pochino.
Di imparare non si finisce mai,
e quel che non si sa
è sempre più importante
di quel che si sa già.
Questa scuola è il mondo intero
quanto è grosso:
apri gli occhi e anche tu sarai promosso.
Da Il libro degli errori, Einaudi, Torino
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Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti (finalmente e con che gioia)
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Cenni su poeta e poesia
Konstantinos Kavafis (Costantino Kavafis) (1863 – 1933) è stato un poeta e giornalista greco che visse la maggiorparte della sua vita a Alessandria d’Egitto. Pubblicò 154 poesia, le più importanti delle quali scritte dopo i quarant’anni d’età. Itaca è una delle più famose ed è dedicata a chi nella vita ha una meta da raggiungere.
La fama di Kavafis è cresciuta moltissimo dalla sua morte e oggi è considerato uno dei più grandi poeti greci.
Immagine tratta da Google Maps
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Le vacanze son finite
con i giorni dell’estate.
Son trascorse molto in fretta
e la scuola già ci aspetta.
C’è un po’ di nostalgia
che poi se ne va via.
I compagni rivedremo,
le maestre abbracceremo.
Si torna ad imparare,
divertirsi, giocare,
litigare e fare pace:
tutto questo, sì, ci piace.
Quante esperienze ed emozioni
vivremo insieme in queste stagioni.
Dunque senza titubanze
prepariamo la cartella,
ci piaccion le vacanze
ma anche la scuola è bella!
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Sai tu quante stelle brillano
nelle oscure vie del ciel?
Sai tu quante grige nuvole
van tessendo al sole un vel?
Quante son lo sa il Signore,
che ogni cosa gli sta a cuore:
conta tutti e veglia ognuno
che non perdasi nessun.
Sai tu quante foglie ha l’albero,
quante note l’usignol?
Quanti insetti alacri ronzano
fuor nei campi al caldo sol?
Quanti son lo sa il Signore,
che ogni cosa gli sta a cuore:
conta tutti e veglia ognuno
che non perdasi nessun.
Sai tu quanti bimbi s’alzano
freschi e lieti ogni mattin?
Quanti son che si addormentano
stanchi a sera nei lettin?
Quanti son lo sa il Signore,
che ogni cosa gli sta a cuore:
conta tutti e veglia ognuno
che non perdasi nessun.
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Un bacio a mamma, uno a nonnetta,
il bimbo allegro a scuola va,
trotterellando in fretta, in fretta;
quante cosine imparerà!
Il primo giorno i col puntino,
un altro giorno o col pancione,
un altro impara a col piedino,
l’u viene appresso, nonno buffone!
Con l’occhialetto l’e birichina
il bimbo bravo conoscerà;
poi farà il nome della mammina
e a far di conto imparerà…
Corri, omettino, il tempo vola,
mamma ti guarda dalla finestra;
pensa a una cosa che la consola:
ch’è un’altra mamma la tua maestra.
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Gioia di cantare come te, torrente;
gioia di ridere
sentendo nella bocca i denti
bianchi come il tuo greto;
gioia d’essere nata
soltanto in un mattino di sole
tra le viole
di un pascolo;
d’aver scordato la notte
ed il morso dei ghiacci.
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Ecco la scuola sta per iniziare
e mi devo proprio sbrigare:
libri, quaderni, diari, pennarelli,
gomme, squadrette, matite, cartelle!
Ecco questo è tutto l’occorrente
e non si scherza proprio per niente!
Alle tasche di mamme e papà
chissà quale magia occorrerà?
Ma per adesso ho un solo pensiero
che nella testa mi frulla davvero:
se tanti amici a scuola troverò
il bimbo più felice del mondo sarò!
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L'articolo La scuola sta per iniziare! proviene da I testi della tradizione di Filastrocche.it.
Il peggio che può capitare
non è forse di trovarsi puliti?
O di vedersi fiorire
fiori nascosti in tasca?
O sentirsi accorciare
i troppo lunghi calzoni?
E allora
perché avere paura
e chiudere il corpo e la faccia
ai limpidi limpidi freschi giochi dell’acqua?
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Marianna
si mette una gonna,
si mette un maglione,
si infila i calzini
e fa colazione
con fette biscottate e marmellata
per cominciare bene la giornata.
Si avvia di buon passo
e col cuore in gola,
perché stamattina
comincia la scuola.
Marianna,
nella sua cartella
ha messo i pastelli,
l’astuccio, i quaderni,
i libri ed i righelli,
e aggiunge anche uno spuntino
per la merenda di metà mattino.
Marianna
Sulla porta
l’accoglie la bidella:
“Svelta Marianna!
Suona la campanella”.
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Ho un nuovo grembiulino,
sulla tasca ha un fiorellino,
il colletto è ricamato,
ma è un po’ largo, esagerato,
la mia nonna l’ha comprato
e mi ha detto: “Cresci troppo
e perciò, mio bel fagotto,
prendo una taglia in più
così non ci penso più!”.
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È fuori dal borgo due passi
di là dal più fresco ruscello
recinta di muro e cancello
la piccola scuola di sassi.
Agnella staccata dal branco
col suono che al collo le han messo
richiama ogni bimbo al suo banco
nell’aula che odora di gesso.
C’è ancora la vecchia lavagna
con su l’alfabeto mal fatto:
lo scrisse un bambino distratto
dal verde di quella campagna.
E lei che mi vide a sei anni
c’è ancora. La voce un po’ fioca,
vestita d’identici panni,
la vecchia signora che gioca.
C’è ancora il vasetto d’argilla
che m’ebbe suo buon giardiniere:
è verde, fiorito di lilla,
e un bimbo gli porta da bere.
Il tempo passò senza lima,
su queste memorie. Ritorno
lo stesso bambino d’un giorno
sereno nell’aula di prima.
E in punta di piedi, discreto,
nell’ultimo banco mi metto
e canto, nel dolce coretto
dei bimbi, l’antico alfabeto.
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L'articolo La scuola di campagna proviene da I testi della tradizione di Filastrocche.it.
Un dì mi ci portarono
e mi lasciaron là,
come un meschino passero
che ancor volar non sa.
Vociavano e ridevano
i bimbi intorno a me;
io cominciai a piangere
senza saper perchè.
Una bimbetta piccola
lenta si avvicinò;
avea una mela ruggine,
disse: “Ne vuoi un po’?”.
E me la diede a mordere
fino che ce ne fu,
poi mi asciugò le lacrime
ed io non piansi più.
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L'articolo Il primo giorno di scuola proviene da I testi della tradizione di Filastrocche.it.
Come il mulino odora di farina,
e la chiesa d’incenso e cera fina,
sa di gesso la scuola.
È il buon odor che lascia ogni parola
scritta sulla lavagna,
come un fioretto in mezzo alla campagna.
Tutto qui dentro è bello e sa di buono.
La campanella manda un dolce suono.
A una parete c’è una croce appesa…
Pare d’essere in chiesa:
s’entra senza cappello,
si parla a voce bassa,
si risponde all’appello…
Oh, nella scuola il tempo come passa!
S’apre il libro, si legge e la signora
spiega, per chi non sa, or questo or quello
come in un gioco. Un gioco così bello
che quando di fa l’ora
d’uscir, vorremmo che durasse ancora.
Come il mulino odora di farina
e la chiesa d’incenso e cera fina,
la casa prende odor dal pane nostro
e la scuola dal gesso e dall’inchiostro.
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