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Channel: I testi della tradizione di Filastrocche.it
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La sera

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seraImmagine tratta dal libro: “Fraternità: corso di letture per le scuole elementari, classe terza” di Bruna Bai, Giovanni Cerri, Sarti Maria Felicori (Milano, Signorelli, 1949)

Io sono la sera
vestita di viola,
ornata di stelle.
Tra i pallidi veli, che l’ombra
intorno alla fronte mi aduna,
risplende un archetto sottile
di luna.
Cessato l’affanno e il lavoro,
io porto la pace, il ristoro.
Con fragili dita
adagio nei loro lettini
gli stanchi bambini.
Ma prima ammonisco,
tra un soffio di brevi parole:
“È giunta la sera:
su, dite la vostra preghiera!”.

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Le maschere

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Le maschere
Io sono fiorentino
vivace e birichino;
mi chiamo Stenterello
l’allegro menestrello.
Cantando stornellate
fo far mille risate.
Ed ecco qua Brighella,
la più brillante stella
del gaio carnevale
quando ogni scherzo vale…
Arrivo io ballando,
scherzando e poi saltando.
Mi chiamano Arlecchino
e sono il più carino.
Mi chiamo Pantalone:
il vecchio brontolone;
ma in tutto onor vi dico:
“Io sono vostro amico”.
Ed io son Pulcinella!
La maschera più bella.
Oh oh, che ballerino,
somiglio ad un frullino…

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Nebbia e brina

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Nebbia e brina
Nebbia, che cosa hai fatto!
Un velario di seta.
Ogni cosa è segreta
a un tratto.
Che ricamo, che trina,
quanti gioielli intorno!
Li dona al nuovo giorno
la brina.

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Girotondo intorno al mondo

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Girotondo intorno al mondoImmagine tratta dal libro: “Aurora di scuola attiva. Letture per il primo ciclo della scuola primaria, classe prima” di Ignazio Drago (Firenze, Giuntine, 1960)

Se tutte le bimbe del mondo,
volessero darsi una mano,
potrebbero intorno ai mari,
fare un bel girotondo.

Se tutti i ragazzi del mondo
fossero bravi marinai,
con le barche farebbero
un bel ponte sulle onde.

Allora si potrebbe
fare un girotondo
intorno a tutto il mondo,
se tutte le genti del mondo
volessero darsi una mano.

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Che allegria!

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Che allegria!
Guarda, mamma, nella via
quanta gente e che allegria!
Che bizzarre mascherate,
dalla banda rallegrate!
Quante voci, quanti fiori
quanta gioia inonda i cuori!
Vedo Cecca e Meneghino,
Scaramuccia ed Arlecchino,
e quell’altro? Ah, è Trivella,
che dà il braccio a Pulcinella!
E quel goffo Pantalone
con i baffi… di cartone?
Or s’avanzano bel bello
e Pagliaccio e Stenterello…
Senti, senti, mia mammina,
che gazzarra! Una ventina
di giocondi fanciulletti
mascherati da folletti.

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Il pupazzo di neve

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pupazzo di neve

C’era una volta, in una freddissima giornata d’inverno, un pupazzo di neve, che in tutto quel freddo stava proprio bene e mentre guardava il sole diceva: “Cos’avrà da fissarmi? Beh, non riuscirà a farmi sbattere le palpebre! Continuerò a tenere le tegole aperte, io!”. Diceva così perché i suoi occhi erano fatti con due pezzetti di tegola, mentre la bocca era un vecchio rastrello spuntato e per questo si poteva dire anche che avesse i denti.

Il sole intanto volgeva al tramonto e la luna sorgeva, grande e rotonda nel blu del cielo, e il pupazzo di neve desiderava potersi muovere e andare a scivolare sul ghiaccio come i ragazzi che aveva visto nel pomeriggio, ma non sapeva come si faceva! E mentre faceva queste riflessioni, il vecchio cane legato alla catena, disse: “T’insegnerà il sole a correre! Come è successo a quello che c’era prima di te e a quello prima ancora! Bahu! Bahu! Uno alla volta se ne sono andati tutti”.

“Non capisco, amico mio”, disse il pupazzo di neve. “Quello che sta lì sopra”, e indicava la luna, “mi dovrebbe insegnare a correre? È vero che è scappato via quando l’ho guardato dritto negli occhi, ma adesso è spuntato fuori dall’altra parte…”. “Non capisci un bel niente”, rispose il cane. “Anche se bisogna ammettere che sei ancora nuovo nuovo! Quella che tu vedi adesso si chiama luna, quello che se n’è andato era il sole che tornerà domani e vedrai se t’insegnerà a scivolare lungo il fossato. Tra un po’ il tempo cambierà: lo so perché la mia zampa sinistra dietro mi dà dei dolori…”.

“Mah, non capisco proprio”, disse il pupazzo di neve. “Non so perché, ma sembra quasi che tu mi voglia dire qualcosa di spiacevole. Neanche quello di prima, che mi fissava e che si chiama sole, neanche lui deve volermi bene, temo”. Intanto il cane, dopo essersi rigirato tre volte su se stesso, si addormentò nella sua cuccia.

L’indomani il tempo cambiò e un vento freddo cominciò a soffiare così che tutti gli alberi e le piante erano pieni di brina. Sembrava una foresta di perle bianche! Nel frattempo uscirono in giardino un ragazzo e una ragazza che stavano ammirando il paesaggio e il pupazzo di neve chiese al cane chi fossero quei due ragazzi! Il cane gli disse che loro erano due padroni e cominciò a raccontare la sua vita al pupazzo di neve curioso! E gli narrò che prima di essere messo in catene viveva nella casa della padrona, dove aveva un bel cuscino tutto suo e passava le sue giornate, quando fuori era tanto freddo, vicino ad una stufa che lui ancora si sognava tanto fosse bella! E mostrò al pupazzo di neve la stufa attraverso la finestra della casa!

Appena il pupazzo scorse, attraverso la finestra, la stufa, si sentì strano! Era una sensazione che non riusciva a spiegarsi. In cuore aveva come una nostalgia che non aveva mai provato, ma che tutti gli uomini conoscono bene, quando non sono fatti di neve. “Ma perché l’hai lasciata?”, chiese, che aveva deciso che doveva trattarsi di una creatura femminile. “Come hai potuto abbandonare quel posto?”. “Sono stato costretto!”, disse il cane. “Mi hanno buttato fuori e mi hanno attaccato qui dopo che mi capitò di mordere il più giovane dei padroni, perché aveva dato un calcio al mio osso! E così è finita la mia bella vita d’un tempo”.

Ma il pupazzo non lo ascoltava più! Stava guardando fisso la stufa: “Che strana sensazione quella che provo! Mi riuscirà mai di incontrarla? Devo entrare a ogni costo, anche se dovessi rompere i vetri!”. “Bahu! Tanto non ci arriverai mai!”, disse il cane, “e poi, se ti ci avvicini sei finito, non lo sai? Bahu!”. “Già ora non mi sento affatto bene”, rispose il pupazzo di neve. Per tutto il giorno il pupazzo rimase a guardare la finestra: alla luce del tramonto la stanza sembrò diventare ancora più accogliente! La stufa, emanava un bagliore dolcissimo, più dolce di quello della luna, e anche di quello del sole. Se qualcuno apriva lo sportello, ne usciva una fiammella e una di quelle fiamme sembrò penetrare proprio il petto del pupazzo di neve. “Non resisto”, diceva lui. “Com’è carina, quando mette fuori la lingua”.

Intanto i giorni passavano e il pupazzo di neve era sempre più triste perché gli mancava la stufa, ma il tempo stava cambiando e ben presto arrivò il vento tiepido che cominciò a sciogliere la neve e, dopo qualche giorno, il pupazzo crollò e al suo posto restò qualcosa che sembrava un manico di scopa dritto nell’aria. I bambini lo avevano usato per farlo reggere meglio. “Adesso capisco cos’era la sua nostalgia!”, disse il cane, “quel pupazzo aveva in corpo uno spazzolone per stufe! Ecco cos’era che lo turbava tanto! Bahu! Ma ora è tutto finito”. Anche l’inverno ormai era agli sgoccioli e nel frattempo i bambini in giardino cantavano: “Bel mughetto, da bravo, esci fuori, vedi che al salice spuntan già i fiori? Se non è marzo, qui è già primavera. Senti gli uccelli cantare alla sera! E insieme a loro io canto: Cucù, Fratello Sole, vien fuori anche tu!”.
E al povero pupazzo di neve, chi ci pensava più?

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Mascherine

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Mascherine
Ecco qui le mascherine
tutte vispe tutte belle
mascherine pazzerelle
che vorrebbero danzar.
Io vo’ fare un bell’inchino
un bacetto io vo’ mandar.
Una gaia piroetta
con bel garbo io voglio far.
Ecco qui un girotondo
pieno di grazia e di allegria
che saluta tutto il mondo
prima ancor di andare via.
L’allegria non fa mai male,
viva viva il carnevale!

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Il ritorno di Colombo

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ritorno di Colombo

Immagine tratta dal libro: “Fuor dal nido. Letture per il secondo ciclo, classe quarta”” di Anna Maria Nievo e Elsa Ermini (Milano, Garzanti, 1960)

I

Terra!… notturna, d’un tratto,
bandì dalle coffe una voce.
Vesti il mantello scarlatto,
solleva il vessillo e la croce,
tu che mettesti la prora
nel pallido occaso, e l’aurora
seguì la tua scia!

Guarda: fu ieri: una canna
nuotava sul mare profondo:
oggi si cullano in panna
le navi su l’orlo d’un mondo,
Sorgi, Colombo: l’aurora
nel grande vestibolo indora
la Santa Maria.

Scendi, o venuto col sole,
recando le sacre parole;
lascia la tolda cui lungo la via
brillarono incognite stelle;
vieni… “Oh! non è la tua Santa Maria!
non sono le tre caravelle!”…

 

II

Terra!… Fu lunga la notte,
la notte fu scura e divina;
quando, tirate le scotte,
cantarono Salve Regina
gli esuli figli dell’Eva,
cui tutto all’intorno diceva:
Domani! Domani!

Sotto le stelle, già rare,
fissavi la tenebra, o Loco!
Su l’anelare del mare
vedevi tu il guizzo d’un fuoco.
Era il tuo mondo che pace
chiedeva agitando una face
con l’onde, sue mani.

Ora, non anche s’è stinta
la tenebra, e di su la Pinta
s’alza la voce… I due generi umani
s’incontrano sotto le stelle…
Terra!… “Oh! non è, non è più Guanahani!
non sono le tre caravelle!”.

 

III

TERRA!… — Sì, terra, sì. Tristo
risveglio! Dormivi: da secoli,
o portatore del Cristo,
dormivi; e giungeva a te l’eco
d’armi e di sferze; a te, presso
la tomba, il lor pianto sommesso
piangeano gli schiavi.

Esule cenere muta,
non questo è l’arrivo: è il ritorno!
Dietro la poppa battuta
dall’onde, è la sera d’un giorno…
esule cenere mesta,
del giorno latino! Ed è questa
la terra degli avi,

vecchia! È la notte del giorno
latino; è il fatale ritorno.
Quelle che stanche affaticano i cavi
là, sotto le solite stelle,
sono… d’acciaio?… le solite navi;
non sono le tre caravelle!

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Mascherata

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Mascherata
Carnevale pazzerello,
sei davvero tanto bello!
Tu porti sulla via
un pochino d’allegria.
Coi coriandoli e le stelle,
mascherine gaie e belle
fanno smorfie e sorrisini,
fan balletti e fanno inchini.
C’è Pierrot e Pierottina,
Arlecchino e Colombina,
Rugantino e Pantalone
con Tartaglia e Balanzone;
Stenterello e Meneghino
vanno a spasso con Gioppino;
e si vede Pulcinella
fare chiasso con Brighella.
Carnevale pazzerello,
sei davvero tanto bello.

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Come costruire una maschera da robot per Carnevale

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maschera-da-robot

Oggi ti spiego come costruire una maschera da robot per Carnevale per i tuoi bambini.

Il lavoretto è molto facile e veloce e soprattutto economico perchè necessita di materiali semplici da trovare in casa come una busta di carta, dei bicchieri di plastica, qualche bottone e la carta stagnola.

Alla costruzione di questa maschera possono tranquillamente partecipare anche i bambini che si divertiranno tantissimo a incartare bicchieri e incollare bottoni.

Quello che ne verrà fuori sarà una buffa maschera da robot che i tuoi bambini potranno indossare a carnevale, alle feste mascherate o alle recite organizzate all’asilo e a scuola.

Come costruire una maschera da robot

Cosa occorre

  • una busta di carta (vanno bene quelle che danno i negozi)
  • carta stagnola
  • 2 bicchieri di di plastica
  • 2 stecchini da spiedino
  • tappi di bottiglie
  • bottoni
  • forbici
  • colla

occorrente maschera robot

 

Come fare

Prendi la busta, togline i manici e mettendola in testa al tuo bimbo prendi la misura per la fessura per gli occhi

costruire maschera robot 1

 

Taglia un rettangolo sul davanti della busta. Servirà per gli occhi.

costruire maschera robot 2

 

Ricopri di colla la busta e incollaci sopra la carta stagnola facendo attenzione a stenderla più liscia che puoi.

costruire maschera robot 3

 

Taglia la carta stagnola per liberare il rettangolo aperto per gli occhi

costruire maschera robot 5

Ricopri i due bicchieri con la carta stagnola e incollali ai lati della busta

costruire maschera robot 4

Per fare le antenne prendi due bastoncini da spiedino, avvolgili con la carta stagnola e infilali in cima alla busta, fissandoli sotto.

In alternativa agli stecchini, vanno benissimo anche due nettapipe.

costruire maschera robot 6

 

A questo punto incolla bottoni e tappi colorati sul davanti della busta e la tua maschera da robot fai da te è terminata!

costruire maschera robot 7

 

Suggerimenti per completare il costume

 

Se oltre la maschera vuoi costruire tutto il costume da robot, puoi far “indossare” al tuo bambino uno scatolone di cartone.

Basta fare nella parte alta della scatola un foro per la testa e due fori ai lati per le braccia; rivestire tutto lo scatolone con la carta stagnola e incollare sul davanti tanti bottoni e tappi di plastica colorati come fatto nella maschera.

Per coprire gambe e braccia puoi fare indossare al tuo bambino una maglia e un paio di pantaloni grigi.

Spendendo praticamente niente, avrai costruito simpatico costume da robot per carnevale!

Buon lavoro!

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Dietro i vetri

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Dietro i vetri
Che freddo questa mattina!
I vetri coperti di brina
invitano ai ghirigori;
“Facciamo una bella cortina
con stelle, casupole e fiori!”
I prati son tutti gelati,
ma, dietro i vetri appannati,
non temon del freddo i rigori
e stanno, con gli occhi incantati,
estatici tre spettatori.
Tre bimbi che stanno a guardare
il vecchio inverno arrivare.

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Canzoncina

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Canzoncina
Danza lieta, mascherina,
danza fino a domattina!
Son coriandoli le stelle!
E i panini son frittelle.
Sono tutti sorridenti,
sono tutti assai contenti.
Lo sapete che Arlecchino
fu vestito, poverino,
con cenci regalati
dai bambini fortunati?
Arlecchino sorridente
è l’immagine vivente
dell’aiuto che può dare
chi anche agli altri sa pensare.
Danza lieta, mascherina,
danza fino a domattina!

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Filastrocca delle doppie

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Filastrocca delle doppie
La pala non è palla
e l’orsacchiotto balla
la casa non è cassa
un nano ride e passa
la sera non è serra
la pace non è guerra
la rena non è renna
la torre non è antenna
la sete non è sette
chi sbaglia ci rimette
la fola non è folla
il chiodo non è molla
il caro non è carro
al sole sta il ramarro
il nono non è nonno
l’aringa non è tonno
le note non son notte
il tino non è botte.

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Ghirlandetta dei mesi

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Ghirlandetta dei mesiImmagine tratta dal libro: “Pagine gaie. Letture per il secondo ciclo, classe terza” di Genoveffa Liverani e Anna Negri (Milano, Garzanti, 1960)

Ride Gennaio con gli auguri in bocca,
mentre la neve fiocca fiocca fiocca.

Febbraio balla pur sotto l’ombrello,
ma di violette fiorito ha il cappello.

Marzo chiama le rondini: “Su, via,
tornate presto alla casetta mia”.

Vestito di ranuncoli e di velo,
Aprile scende dall’azzurro cielo.

Maggio arrossa i ciliegi e taglia i fieni;
squillan campane nei vespri sereni.

Spighe d’oro e papaveri ha nel pugno,
tra canti di cicale, il biondo Giugno.

Luglio spumeggia sui turchini mari,
e pesche e mele sparge nei pomari.

La prima pioggia che rinfresca il bosco,
chiama la gente a festeggiare Agosto.

Settembre imbruna l’uva e le castagne;
scendon le greggi dalle alte montagne.

Ottobre lava i tini e li prepara
per la vendemmia, così lieta e cara.

Novembre chiude gli usci, onora i Morti,
copre di foglie le contrade e gli orti.

Dì brevi, notti lunghe… Ecco è Natale.
Dicembre suona la sua pastorale.

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Inverno

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Inverno
Muta il cielo,
muta il vento.
Che gran brivido!
S’increspa
verde – argento
tutta l’acqua.
Sono tutti un sol tremore
gli alberelli
miserelli.
Dalla grande nube oscura
ora vien la tramontana…
C’è per tutta la campagna
il silenzio e lo squallore.
Gli insettucci, ad uno ad uno,
son spariti sotto terra.
Le formiche hanno sbarrato
il portone ai formicai.
Fin la talpa s’è rinchiusa
nel salone delle feste,
disturbata un pochettino
dal buon tasso, suo vicino,
suo compagno di ritiro,
che, in pelliccia giallo scura
tondo tondo
grasso grasso
russa e russa
come un ghiro.

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Carnevale

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Carnevale

Immagine tratta da “Il Giardino delle storie”, Maria Cristina Peccianti, Giunti Editore 2009 

E’ tornato carnevale.
Quante belle mascherine
per per strade e per le sale!
Son tesori di damine
in merletti e crinoline,
con la cipria sui musetti.
Castellane e gnomettini,
pellirosse e gnomettini,
che si scambiano gli inchini:
“Colombina, i miei rispetti”
“Un saluto ad Arlecchino!”
“Ciao, Brighella!”
“Pierottino, vuoi confetti?”
“Mi regali una ciambella?”
Ora fanno un girettino
per le strade, per le sale
per mostrare il costumino,
dell’allegro carnevale.
Poi la sera stanche, alfine,
delle chicche e dei balletti,
tutte a nanna, mascherine,
a sognare gli angioletti.

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Il mondo è la mia patria

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mondo è la mia patriaImmagine tratta dal libro: “Il mondo è la mia patria: letture per la quarta classe elementare” di Alberto Manzi (Roma, AVE, 1966)

Il mondo è la mia Patria!
La mia bandiera, trapunta di stelle,
ammanta tutti i cieli.

Tutta la terra è mia!
Tutti gli uomini sono fratelli
e tutti il mio cuore
li vuole amare.

Le terre, i mari e i monti,
i boschi, i fior e l’erbe sono miei.
E mio è tutto ciò che ha fremito di vita.

Esulta in petto il cuore,
per lo splendor dei colli,
dei fiumi e dei ruscelli:
il mondo è tutto mio.

Il mondo è tutto mio,
il mondo è la mia Patria.

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Carnevale

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Carnevale
Mascherine, mascherine,
per i bimbi e le bambine
son venute da lontano,
nel costume antico e strano
Pulcinella ed Arlecchino,
Pantalone e Colombina
facce buffe, occhio ridente,
saltan tutte lietamente
tra i bambini e le bambine,
benvenute mascherine!

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La neve

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La neve
Neve bella,
fatta a stella,
bianca neve,
lieve lieve
vienmi in mano,
piano piano
Sei per poco
dolce gioco,
dolce gioco
in mille fiocchi
che mi frullan
sotto gli occhi.

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La neve

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La neve
Ieri sull’alto colle,
oggi nel piano arato,
la neve è sulle zolle,
e copre il seminato.
“Buon raccolto di grano!”
fa il provvido bifolco;
ma un passerotto invano
cerca l’amico solco.
E saltella leggero,
e pare quasi stanco,
piccolo punto nero
sopra l’immenso bianco.

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