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Giugno

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Giugno

Leggiamo insieme: Giugno di G. Marzetti Noventa

“Eri più bello a primavera!”
all’orto disse un dì la capinera.
“Con quei fioretti tutti bianchi e rosa
sembravi il lieve velo di una sposa”.
Risponde l’orto:
“Ho cose nuove in pugno:
le mostrerò a giugno”.

Un dì, all’alba, l’orto si destò;
di rosso le ciliege pitturò,
diede il colore giallo alle albicocche,
empì di dolci succhi avide bocche:
mise fiocchetti viola al prugno:
era arrivato giugno.

 

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Filastrocca di una scuola speciale

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Filastrocca di una scuola speciale
Settembre 2019 inizia l’avventura
finalmente in prima senza paura!
La scuola dell’infanzia è un ricordo ormai
ora sono grande e non combinerò più guai.
Scrivere, leggere, disegnare e colorare
quante cose ora dovremo imparare!
Ecco le maestre tutte sorridenti
ci accolgono con un abbraccio e siamo tutti contenti.

Inglese e italiano insegna Mrs Nicole
Inizia la lezione dicendo “Roll call!”.
La maestra Sara con gli occhi blu
ci spiegherà pian piano il meno e il più.
La maestra Rita con geografia e storia
allenerà ogni giorno la nostra memoria.
La maestra Mara ci insegna a stare insieme
ad amarci, rispettarci e a volerci bene.

La maestra Paola è il nostro angelo custode
ci aiuta sempre e ci mette anche 10 e lode.
La maestra Sofia ci fa giocare agli scienziati,
fare esperimenti con ingredienti colorati
Ma quante sono? Sembra proprio una festa
quante cose entreranno nella mia testa?

Lettere, immagini, numeri a mente
faccio progressi velocemente!
Corro dai nonni e mostro che so
due monetine guadagnerò.
Leggere e scrivere ma che emozione,
ho tanti amici a ricreazione!
A stare composto devo imparare
se alzo la mano posso parlare.
Grembiule blu, libri e quaderni
usiamo la LIM come bimbi moderni.

Tutti i permessi sempre in inglese
sarò bilingue fra un anno o fra un mese?
What’s you name? How old are you?
questa pronuncia non la scordo più!
Che bella la scuola ci voglio andare,
perché tante cose mi va di imparare!

Ma a marzo cosa accade? È tutto fermo
Tutti a casa e la scuola è in uno schermo!
Mille volte le mani devo lavare
una simpatica mascherina devo indossare!
Tante finestrelle quanti i bambini
Intimoriti e timidi come piccoli pulcini.
Che strano modo è questo di imparare!

Possiamo tornare in aula a studiare?
Mi manca lo scegliere il posto al mattino
Ma solo se non chiacchiero e non faccio il birichino
Il dettato ogni giorno
e il gesso sulla maglietta
per andare in bagno
a pulirlo e fare una corsetta!
E poi che bella quella complicità
Il suggerimento, la gomma prestata e la merenda lasciata a metà.

Mamma che fai non suggerire
È solo l’emozione a farmi sbagliare!
Non solo i miei compagni ma anche i genitori
Ora ho davvero 1000 spettatori!
Genitori, nonni, zii e fratelli
Ora sono maestri anche quelli.
“Su fai i compiti non ti fermare!
Dai non ti distrarre torna a colorare!”

Con amore e pazienza mi stanno vicino
imparano a gestire l’apprendimento di un bambino.
Non è facile per loro in questa situazione
pensare a mille cose e far anche la lezione.
Tutti eroi: bimbi, familiari e insegnanti
Altro che influencer di like ve ne metterei proprio tanti!
Ci eravamo un pò persi tra le cose da fare
ma ora abbiamo capito che significa lottare.
Aiutami con i compiti, scansiona e invia
posso solo ringraziarti dolce mamma mia!

Tu che stanca devi pensare a tante cose
curi i tuoi figli come fossero delle rose!
Ora la maestra io vedo più impacciata
non aveva in programma di far la star in videochiamata.
Invisibile agli occhi il suo lavoro
per permetterci ancora di imparare in coro.
“Troppi compiti veramente!”

“Non sono troppi, allenate la mente!”
Lei pensa un attimo “Ora vado a riposare”
ma ci vuole bene e si rimette a lavorare.
Tra scuola, casa, famiglia e il mondo intorno
nella testa ha tutti i giorni un bel girotondo!
A scuola era spigliata e tanto divertente
le sue lezioni in mondo visione la intimidiscono chiaramente.

Ma dopo un po’ si rompe il ghiaccio
e questa scuola non è poi così malaccio.
Ci abituiamo ad un nuovo turno di parola
e di colpo sembra di essere tornati a scuola.
Riconosco nello schermo lo sguardo caldo della maestra
non mi abbraccia veramente ma so che è lei e questo mi basta.
Con le sue mani un cuore ogni volta mi fa
E un sorriso sempre mi strapperà.

Qualche bimbo ha il grembiule qualcun altro il pigiama
ecco il figlio della maestra si è svegliato e la chiama.
“Mamma ho fame, voglio la colazione!”
“Aspetta un attimo che termino la video lezione.”
Siamo tutti più forti, tutti vicini
siamo tutti una famiglia grandi e piccini.

Resilienza e pazienza abbiamo imparato
ed è ciò che mai nessuno meglio ci avrebbe insegnato.
Grazie alle maestre grazie ai bambini
grazie ai genitori, ai nonni e ai fratellini
Tanta pazienza, tanto amore per voi
ma l’importante è che siamo più forti e abbiamo vinto noi! ❤

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Gocce d’acqua

Testa Pelata

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Testa Pelata

Leggiamo insieme Testa Pelata di Teresa Romei Correggi

Testa Pelata ha fatto i tortelli
e ha invitato i suoi fratelli;
i suoi fratelli fan la frittata
e ne danno a Testapelata.

Testa Pelata fa la ricotta,
ma non vuol darne alla sora Malotta
La sora Marotta va via indignata
e manda in casa una gatta affamata.

La gatta affamata, appena che annotta
mangia tortelli, frittata e ricotta.

 

Un mazzolin di fiori

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Il gelato

Lo stregone scoreggione

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Lo stregone scoreggione
C’era una volta una storia sepolta
dentro un baule nascosto in un fosso
l’ha rinvenuto un esperto di scasso
la leggo per voi: tutti a raccolta!

C’era un regno molto molto lontano
in cui era in gran voga usar la magia
c’eran giganti nani e un’arpia
e molti indossavano un’abito strano:

Capello appuntito, mantello stellato
lo stesso corredo per ogni stregone,
ad ogni stagione lo avrebbero usato
mai l’ha lavato il Mago Puzzone.

Ogni suo intruglio ha un’odore sgarbato
e dovreste annusare il suo calderone!
prestavano i maghi grande attenzione
a stargli vicino, di fianco o di lato

col naso tappato ma con grande tatto
lo spingevano fuori dai laboratori
non potevan convivere con quegli odori
ben troppo fragranti per il loro olfatto.

Nè il mago di neve dal naso tappato
volle ospitarlo nella sua bottega
né chi fa pozioni con dei rospi il fiato:
lo rifiutò persino la strega!

Ormai tutto solo si spinge in campagna
alla ricerca di un posto in cui stare
non una reggia o un palazzo reale
forse una torre su di una montagna

Giunto infine al suo nuovo alloggio,
sebbene un po’ triste per la sua sorte,
prepara un bel toast e controlla le scorte
“mannaggia! ero certo! è finito il formaggio!”

Allora prepara una pozione incantata,
l’aggiusta di sale e ci butta del caglio,
dal pentolone una grande vampata
“la formula magica avrà qualche sbaglio!”

Manine fetenti, occhietti piccoli e tanti
piedini maldestri, dei buchi, una testa
la fame, forse, ancora gli resta
ma s’è guadagnato tre strambi aiutanti

Col loro aiuto prepara un paiolo
Di sortilegi dal puzzo letale
Eppure ogni tanto si sente un po’ solo
E allora prende il suo cannocchiale

e malinconico osserva i suoi cari amici
distanti inventare pozioni, insieme
li sente vicino ma lontano si tiene,
almeno è felice che loro siano felici.

Quel dì lui era triste e non senza un lamento
si ricordò di una ricorrenza
che si teneva al castello, all’udienza
del re, così mesto si portò allo strumento.

Era il gran gala della magia,
tutti gli amici accorrevano a corte,
che fitta al cuore, quanta nostalgia!
tutta la gente applaudiva alle porte.

Erano accorsi dalle terre vicine
a veder le magie di quegli uomini strani
tempeste mignon, rami dalle mani
saltavano allegri bambini e bambine.

Le mura solcate da un’ombra scura
un ruggito infuocato “scappate c’è un drago!
è la profezia! Solo un grande mago
potrà salvarci” grida il re dalle mura.

Fuggono tutti i cavalieri da un lato
le dame e i fanciulli e pure i vitelli
e quando anche l’ultimo salta il fossato
serran portone, porte e cancelli.

Invece i maghi con spavalderia
affrontano il drago quasi senza paura
il primo a proporsi, mago della natura,
gli lancia una quercia con la sua magia

Ma il drago la infuoca con sguardo fiero,
fa ceneri in fretta del suo verde attacco,
squaglia le lame del mago del ghiaccio,
son tutti in fuga anche il gran mago nero.

Assiste impietrito alla disfatta
il mago puzzone da dietro la lente
“Non posso permetterlo!’ e in tutta fretta
Crea una pozione proprio fetente

Che in un istante lo porta al castello
dove l’aspetta il nemico trionfante,
così vicino è proprio gigante!
“fatti coraggio: inizia il duello!”

Prima che il drago possa ruggire
nel calderone ribolle un intruglio
Da cui se ne esce con gran tafferuglio
una creatura a noi familiare:

un golem molliccio ma gigantesco,
creato ad arte con caglio e con rabbia,
attacca il drago, che ardore pazzesco!
il drago ruggisce fa fuoco, poi nebbia.

Con delusione di tutti gli astanti
il golem si scalda, si gonfia, si scioglie
si disperano tutti, il re e pure sua moglie:
i giorni felici sono proprio distanti.

Il drago ride, la cenere fiocca,
Ma il forte fetore del golem formaggio
s’alza improvviso e invade il villaggio,
la puzza raggiunge del drago la bocca.

Invade le guance, le orecchie, anche il naso
piangendo il drago scappa dal regno
Il mago ha trionfato per forza o per caso
è lo stregone più forte: del ruolo ne è degno!

E ora ascoltiamo insieme:

 

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Ciliegie

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Ciliegie

Leggiamo insieme: Ciliegie di Hedda (Lucia Maggia)

Tu il miracolo hai compiuto:
fresche, dolci, maturate
per i bimbi e le bambine,
ecco qui le ciliegine,
buone dentro e belle fuor!

Le vedete? Le volete?
Rosse, fresche, tonde tonde,
che faccine rubiconde,
che profumo, che sapor!

O bel sole, o caldo sole,
tu il miracolo hai compiuto:
al tuo cenno, al tuo saluto,
il bel frutto maturò.

 

Nota su: Ciliegie

Leggendo questa poesia e soprattutto guardando l’immagine che l’accompagna, qualcuno potrebbe avere da ridire perché il corretto plurale di “ciliegia” è “ciliegie“.

Come indica anche la Treccani, infatti, la forma plurale delle parole che finiscono con -cia, -gia, -scia mantene la i.

Però, fino alla metà del secolo scorso ha avuto una certa diffusione anche la grafia ciliege.

La forma ritenuta al giorno d’oggi scorretta, si trova anche nel titolo del libro: “Un cappello pieno di ciliege” di Oriana Fallaci, pubblicato postumo.

La scelta di utilizzare “ciliege” invece di “ciliegie” può essere dovuta alla formazione linguistica della scrittrice (nata nel 1929) oppure all’ambientazione storica del romanzo, dato che l’espressione proviene da una lettera che s’immagina scritta nel Settecento.

Possiamo quindi immaginare che ai tempi di Hedda (Lucia Maggia: 1883 – 1973) la grafia accettata fosse ciliege: da qui il titolo di questa poesia che può aver stupito qualche nostro lettore!

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Giugno

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Giugno

Leggiamo insieme: Giugno di C. Mazzoleni

È bello giugno, col suo biondo grano,
coi limpidi suoi occhi cristallini!
Bello è giugno! Fiorito è il melograno,
cinguettano nell’aria i cardellini.

Le allodole nei campi son tornate,
mille rose profumano i giardini,
le prime pesche, acerbe vellutate
attirano gli sguardi dei bambini.

Il contadino, con la falce in pugno,
miete le bionde spighe, lietamente;
il caldo sole dell’aprico giugno
allevia la fatica, dolcemente.

Il contadino canta una canzone
ch’esce felice e garrula dal cuore;
poi pensa alla vicina fienagione
e un inno grato innalza al Creatore.

 

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Tre compagne di sventura

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Le fiabe della Fatina Nenè

Un dì, nella Savana, tre amiche suddite del re Leone decisero in comune accordo di far colpo sul loro sovrano, per chiedergli in cambio un po’ del suo potere. La compagnia era costituita da una giraffa, una iena ed una zebra. Si riunirono in gran segreto in un luogo lontano da occhi indiscreti e lì cominciarono ad elaborare il piano che, speravano, le avrebbe rese importanti nel grande regno. Dopo una notte insonne, le tre giunsero a definire l’idea vincente: avrebbero portato a re Leone le meraviglie del cielo!

Così, in una giornata un po’ nuvolosa presero una corda e, grazie all’aiuto del lungo collo dell’amica giraffa, la lanciarono verso l’alto, attorcigliandola intorno ad una grossa e soffice nuvola bianca. “Porteremo questa nuvoletta al nostro re e verremo largamente ricompensate!”, sentenziò la iena ridendo soddisfatta. La prigioniera però si arrabbiò molto e cominciò presto ad ingrigirsi. Subito le vennero in soccorso le sue amiche del cielo, sempre più scure, più grandi e più minacciose. In pochi istanti le teste delle tre compagne furono sovrastate da un manto cupo e la nuvola che tenevano legata stretta si sciolse in una pioggia fredda e fitta. La giraffa, la iena e la zebra furono così costrette a scappare in cerca di un riparo. “Abbiamo sbagliato dono!”, gridò convinta la zebra.
“Porteremo a re Leone la luna e di sicuro non ci bagneremo!”.

Aspettarono con impazienza che calasse la notte ma in quel lasso di tempo non pensarono minimamente a come poter realizzare l’impresa, solo confabularono tra di loro immaginandosi già ricche e potenti. Quando finalmente sopraggiunse l’oscurità del cielo, la luna apparve bella tonda e lucente. “Eccola!”, esclamò la zebra, “Prendiamola!”. Già, ma come fare? Raggiunsero il punto più alto della Savana e da lì la giraffa cominciò ad allungare il collo più che poté. “Non ci arrivo!”, disse infine, rinunciando per la fatica. “È troppo in alto, non ce la farò mai!”.

Anche questo progetto sembrava irrealizzabile, così le tre compagne si incamminarono mestamente sulla via del ritorno, finché in lontananza scorsero un pozzo. La iena, assetata, cominciò a correre veloce per raggiungerlo e controllare che in fondo a quel buco vi fosse dell’acqua per ristorarsi. Con grande sorpresa vide sì l’acqua, ma anche la faccia bianca della luna, laggiù in fondo, proprio davanti ai suoi occhi. “Amiche, possiamo ancora farcela! La luna è caduta nel pozzo! Da qui sarà più facile prenderla!”. Troppo esaltate per guardare in cielo ed accorgersi che la luna in realtà non era affatto caduta, ma si stava solo specchiando nell’acqua, le due compagne raggiunsero la iena.

La zebra si affacciò incredula alla bocca del pozzo e sporgendosi vi cadde dentro. La iena allora guardò meglio nel fondo per capire se l’amica, ormai caduta, avesse già afferrato la luna, ma anche lei perse l’equilibrio e raggiunse la compare. Entrambe constatarono che la luna là dentro proprio non c’era, bensì le stava guardando divertita dall’alto. Ci vollero parecchie ore prima che la giraffa riuscisse a tirare fuori le due sventurate, ma il desiderio di diventare ricche e potenti era talmente grande che decisero di non arrendersi e provare di nuovo.

Questa volta avrebbero rubato le stelle per re Leone e sarebbe stato facile perché, si sa, ogni tanto le stelle cadono. Così, una sera che per tradizione prometteva stelle cadenti, le tre amiche si sdraiarono sotto il manto scuro del cielo. Accanto a loro avevano preparato degli enormi sacchi in cui le stelle sarebbero presto cadute, senza che loro dovessero fare il minimo sforzo. Ne erano certe! Attendendo che lo spettacolo avesse inizio, purtroppo la giraffa, la iena e la zebra si addormentarono sfinite, non potendoselo godere.

Al mattino si svegliarono di soprassalto, chiusero gli enormi sacchi senza nemmeno controllarne il contenuto e, saltellando per la gioia, li portarono alla corte del re Leone. Il sovrano le ricevette incuriosito, ma quando fu il momento di consegnare il loro dono tutti i presenti si resero conto che in realtà i sacchi erano completamente vuoti. Le tre amiche si sentirono umiliate e videro per l’ultima volta sfumare la possibilità di diventare ricche e potenti. Il re, divertito dai racconti delle loro mancate imprese, le ammonì dicendo: “Le meraviglie del cielo sono per tutti ed io mai le vorrei solo per me. Non tentate di farvi grandi ai miei occhi con doni che in alcun modo potreste garantirmi, ma fatevi grandi fra di voi, grazie ai doni che già possedete!”.

Le tre amiche si allontanarono riflettendo sulle parole del loro sovrano e da quel giorno, coltivando con fatica le proprie virtù, si arricchirono molto, in un modo inaspettato, ma più gratificante.

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In Carnia

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In Carnia

Leggiamo insieme: In Carnia di Giosué Carducci

Su le cime de la Tenca
Per le fate è un bel danzar,
Un tappeto di smeraldo
Sotto al cielo il monte par.

Nel mattin perlato e freddo
De le stelle al muto albor
Snelle vengono le fate
su moventi nubi d’or.

Elle vengon con l’aurora
Di Germania ivi a danzar.
Treman l’ombre degli abeti
Nere e verdi al trapassar.

De la But che irrompe e scroscia
Elle ridono al fragor,
E in quel vortice d’argento
striscian via le chiome d’or.

Freddo e nitido è il lavacro
Ed il sole anche non par.
Su la vetta de la Tenca
Incominciano a danzar.

Bianche in vesta, rossi i veli,
I capelli nembi d’or,
Che abbandonano ridenti
De li zefiri a l’amor.

Poi con voce arguta e molle,
Sì che d’arpe un suono par
Le sorelle de la Carnia
incominciano a chiamar.

Tra il profumo degli abeti
Ed il balsamo dei fior
Da le valli ascende il coro
Del mistero e de l’amor.

Su la rupe del Moscardo
E’ uno spirito a penar:
Sta con una clava immane
La montagna a sfracellar.

Quando vengono le fate,
Egli oblia l’aspro lavor;
E sospeso il mazzapicchio
Guarda e palpita d’amor.

Che le fate al travaglioso
mai sorridano non par:
Il selvaggio su la rupe
si contenta di guardar,

E talvolta un cappel verde
Ei si mette per amor,
e d’un bel mantello rosso
Ei riveste il suo dolor.

Ahi, da tempo in su la Tenca
Niuna fata non appar:
Sol la But tra i verdi orrori
S’ode argentëa scrosciar,

E il dannato su ‘l Moscardo
Senza più tregua d’amor
Notte e dì col mazzapicchio
Rompe il monte e il suo furor.

Ahi, le vaghe fantasie
Dal mio spirito esulâr,
E il torrente di memoria
Odo funebre mugghiar:

Niun fantasima di luce
Cala ormai nel chiuso cuor,
E lo rompe a falda a falda
Il corruccio ed il dolor.

 

Poesie studiate a Scuola
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Spighe mature

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Spighe mature

Leggiamo insieme: Spighe mature di Giuseppe Porto

Le spighe a ciuffi si sono affollate
sull’argine della strada maestra:
stanno affacciate a una lunga finestra
di filo spinato, mature, dorate.

Stanno a guardare le coccinelle
così amanti del sole, stanno in attesa
che la sera riporti la grande distesa
di lucciole innamorate di stelle.

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Loretta e il cinema

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Loretta e il cinemaLeggiamo insieme Loretta e il cinema di Teresa Romei Correggi

Loretta pesta i piedi
e piange e si dispera:
– Io voglio andare al cinema,
voglio andarci stasera!
Se ci va la Deluccia,
anch’io ci voglio andare!…
Se no… addio libri;
non voglio più studiare -.
Si sente, in quel momento,
stanco, un passo che arriva.
Avverte mamma: – È il babbo;
vagli incontro, giuliva -.
La bimba si rasciuga
quel brutto pianto, in fretta;
e non pensa piu al cinema;
brava, brava Loretta!

Un mazzolin di fiori

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Arriva il gelato!

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Arriva il gelato!
Arriva l’estate, arriva il gelato
che tutto il mondo ha conquistato.
Alla fragola o al limone,
piace di certo a molte persone.
Al pistacchio e alla crema,
esce fuori da ogni schema.
Al cioccolato o alla nocciola
ai bambini passaparola.
Con la cialda o la coppetta,
col cucchiaio e la vaschetta.
Se ci metti anche la panna…
son due cuori e una capanna!

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Viva la solidarietà (gran concerto nel bosco…)

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Viva la solidarietà (gran concerto nel bosco…)
Un simpatico cagnetto,
chiamato Iulilù,
sempre in giro vuole andare
e con Eva, dai riccioli d’oro, giocare.

Son proprio birichini,
si voglion tanto bene
e hanno, per amichetti,
tantissimi animaletti.

Un giorno, per il bosco,
si son messi a scorazzare,
ma, triste, il loro cuore,
hanno sentito diventare.

Tanti loro amici
non vivevano felici,
erano tanto poveri
e i loro cuccioli tanto infreddoliti.

Agli uccellini, appena nati,
mancava il pigiamino,
a chi mancava la giacca,
a chi la sciarpa e a chi il cappellino.

Iulilù ha chiesto ad Eva
cosa si potesse fare
e la bimba pensò subito
ad un concerto solidale.

E musetto pelosetto
ha considerato, idea geniale,
quella di utilizzare la musica
per un evento solidale.

Nel boschetto delle querce,
hanno convocato una riunione,
pronti a dare il via
all’organizzazione.

Per un concerto da realizzare,
un coro e un’orchestra
si dovevano formare
e, del bosco, il sindaco e la giunta
invitare a partecipare.

Il sindaco era un gufone
vecchio, saggio e oculato,
la giunta aveva, al seguito, uno stuolo
di istrici, grilli parlanti e un furbastro volpone.

Nel corso della riunione,
durata per due ore,
sono stati puntualizzati
i dettagli dell’intera situazione.

Si è stilato un manifesto
su carta pergamena
e furono inviati due usignoli
a prender le adesioni.

Tantissimi musicisti e canterini
volevano essere scritturati,
dicevano di saper ballare, cantare
e, famosi, voler diventare.

Si sono fatti avanti
cicale, pettirossi e pulcini,
rondini, usignoli e coniglietti,
api, libellule e grilli canterini.

Anche gli animali
della valle sottostante
contenti, hanno deciso di partecipare
all’iniziativa solidale.

Asini e cavalli,
pecore e mucche,
cani e gatti,
galline e galli.

Si davan tutti arie
e volevano, con una performance,
il timbro della voce mostrare
per farsi scritturare.

L’allodola trillava,
l’usignolo gorgheggiava,
il pulcino pigolava,
il pettirosso chioccolava.

La rondine garriva,
il grillo friniva,
la zanzara ronzava,
il serpente sibilava.

Il lupo ululava,
il cavallo nitriva,
la mucca muggiva,
l’asino ragliava.

La direzione del concerto
è stata assegnata
ad un Direttore esimio,
un austero grillone plurilaureato.

Ma che grande tafferuglio…
per formare la corale
assegnare le parti vocali,
facile non era e si doveva sodo lavorare.

Ma il valente Direttore,
con grande serietà,
sopra il tronco di una quercia
si sedette ad ascoltare.

Ci vollero ore per selezionare…
dopo i vocalizzi
ognuno si esibiva nel crescendo
della scala musicale.

La parte dei “tenori”
è stata affidata agli animali
con la cassa toracica vibrante,
lupi, cavalli, cani e galli.

Ai “soprani è stata assegnata
la melodia principale,
la parte solista ad un’allodola
che, in do maggiore, trillava.

Per la sezione “bassi”
gatti e asini sono stati individuati
perché l’estensione della loro voce
è stata valutata “grave”.

Nel registro dei “contralti”,
sono state smistate
rane vivaci
rondini e cicale.

Un rimprovero alle rane,
che non chiudevano bene la vocale,
un cra cra troppo aperto
e a sentirlo non faceva un bell’effetto.

Alla fine venne fuori
un bel coro a voci miste,
di soprani e di tenori,
di bassi e di contralti, tutti bravi e tutti matti.

Alla prova generale venne raccomandato
di cantare usando il diaframma
e prender fiato, se nella partitura
c’è la virgoletta, posta sopra il pentagramma.

Bisogna stare attenti
all’intensità del suono,
di massima importanza, per l’attacco,
è guardare la bacchetta del Direttore.

A Eva e a Iulilù
è stata affidata la regia,
a libellule e farfalle,
la coreografia.

Vi presento gli orchestrali:
ai tamburi stanno i grilli,
un coniglio alla grancassa
e un asinello si esibisce al violoncello.

Alla viola c’è un cinghialone,
soffia la mucca ad un trombone,
al pianoforte la cavalletta,
ai violini le zanzare non fanno una stecca.

All’arpa una libellula,
ai flauti gli usignoli,
alla chitarra un gatto,
dallo sguardo soddisfatto.

Le lucciole brillanti,
hanno dato l’adesione,
posizionandosi sul palco
per l’illuminazione.

La sera del concerto
tutti eran pieni di lustrini
era elegante il Direttore
in abito nero, con un gran cravattone.

Al “bum” della grancassa
coristi ed orchestrali,
attenti e in silenzio,
dal Direttore aspettavano il segnale.

Dentro una cornice di stelle ed emozioni
alla presenza del Sindaco,
e della giunta comunale,
iniziò il concerto con una direzione magistrale.

Gli acuti prestigiosi dei coristi
e le noti dolci degli orchestrali,
hanno fatto del concerto
un evento eccezionale.

Tutto il bosco inebriato
in un applauso è scoppiato
ed è stato talmente forte
da far tremare foglie, rami e rocce.

Eva sorrideva,
Iulilù scodinzolava,
felici che con la generosissima raccolta
i loro amici avevano aiutato.

Commossi, hanno ringraziato,
sostenendo che importante è nella vita,
dare una mano a chi è triste e disperato
e ha bisogno di essere aiutato.


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Luccioletta

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Luccioletta

Leggiamo insieme: Luccioletta di Arpalice Cuman Pertile

“Lucciolina luccioletta,
non avere tanta fretta:
voglio prenderti un pochino
per guardare il tuo lumino;

vo’ vedere, lucciolina,
se tu ci hai una stellina…
Dove hai preso questa luce
che di notte ti conduce?

Dove hai preso il focherello
che non brucia ed è si bello?”.
“Me lo diede, un giorno, Iddio,
non so altro bimbo mio!”.

 


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Colori

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ColoriCoriandoli e fiori
è la festa dei colori
rosso, giallo, blu
adesso mischiali tu
verde, bianco, arancione
l’arcobaleno con il pancione
prendi i pennelli adesso tocca a te
prendili tutti
e mettili in fila per tre.

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“Buona acqua”

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Buona acqua
Questa è la poesia che la maestra Assuntina ha composto per salutare i suoi alunni della scuola primaria, che non ha potuto abbracciare a causa della pandemia del coronavirus. È ispirata al popolo dei Boscimani che conoscono bene il valore dell’acqua come bene prezioso e fonte di vita e che sono soliti dire “Buona acqua” per augurare il meglio a qualcuno. È un modo per dire grazie ad ognuno dei bambini che ha incrociato sul suo cammino.

E chissà se nei tuoi pensieri
resterò la maestra di “ieri”,
una maestra del tuo tempo passato,
ma una di quelle che ti hanno amato.

Lo so, non pensavo di lasciarti da solo,
ma prima o poi tu prenderai il volo:
potrai volare anche senza di me
e porterò nel cuore il ricordo di te.

Vola più in alto degli aquiloni,
raggiungi quello che ora ti imponi.
Sogna di essere quello che vuoi,
perché se ci credi, davvero, tu puoi.

Fa’ che il tuo cuore, per sempre, sia puro
e non credere che facile sia il tuo futuro:
sarai ragazzo e poi uomo vero,
ma sii uomo per cui andare fiero.

Per questo ti auguro che la tua acqua sia buona,
e questo augurio ogni tanto risuona
nella tua mente di oggi bambino
e in quella di uomo nel suo lungo cammino.

Sii artefice del tuo destino
e pensa al mio cuore a te sempre vicino
e ogni tanto, nei tuoi pensieri,
pensa un po’ a me, maestra di “ieri”.

 

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La baia tranquilla

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La baia tranquilla

Leggiamo insieme: La baia tranquilla di Giovanni Pascoli

Getta l’ancora, amor mio;
non un’onda in questa baia.
Quale assiduo sciacquio
fanno l’acque tra la ghiaia!

Vien dal lido solatio,
vien di là dalla giuncaia,
lungo vien, come un addio,
un cantar di marinaia.

Tra le vetrici e gli ontani
vedi un fiume luccicare;

uno stormo di gabbiani
nel turchino biancheggiare;
e sul poggio, più lontani,
i cipressi neri stare.

Mare! Mare!
Dolce là, dal poggio azzurro,
il tuo urlo e il tuo sussurro.

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Lezione a distanza dal mare

Re Giugno

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Re Giugno

Leggiamo insieme: Re Giugno di Franco Bianchi

Coronato di ciliegie
nere, turgide, brillanti,
con le regie
albicocche d’oro in pugno,
regalmente si fa avanti
il re Giugno.

Sotto il piè agile e lieto
si disrotola sul mondo
un tappeto,
ove molli strisce intesse
il variare verde oro
della messe.

Lo trapungon tanti tanti
fiordalisi, e i rosolacci
fiammeggianti.
E, più a lungo che non suole,
par che allegro in ciel s’affacci
babbo Sole,
ascoltando nell’azzurro
delle innumeri cicale
il sussurro,
e del buon odor di fieno
deliziandosi, che sale
dal sereno.

Gran lavori vede Giugno!
L’ape i nuovi favi inizia
nel suo bugno,
e con opera segreta
fila il baco la dovizia
della seta.

Ed a sera, quando il grillo
prova ancora un po’ esitante
il suo trillo,
fan le lucciole, nell’aria
odorosa, l’elegante
luminaria.

 

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